martedì 30 novembre 2010

Cicatrici, Gianluca Morozzi

Io non so che dire.
Gianluca Morozzi è un tipo simpatico, ha il pizzo, suona la chitarra, è rock, ecco, detto in due parole è rock.
Ma questo libro è veramente una merda.
Inizia bene: è scritto, come si dice, d'istinto, ovvero senza stare troppo e pensare alla forma: va bene. Non c'è problema. A volte mi viene da pensare che Gianluca Morozzi, Marco Vichi, Stephanie Meyer e tutta questa gente che scrive d'instinto siano in realtà la stessa cazzo di persona, ma va bene. Libri tutti uguali, con le stesse parole e le stesse frasi ma NON IMPORTA.
La storia, all'inizio, è buona.
C'è un certo Nemo, che è un ciccione, che è triste e solo. Incontra una ragazza, si mettono insieme. Lei si mutila le gambe, perché fa figo, ok. All'inizio non chiavano. Poi chiavano. E da l= in poi comincia ad andare tutto a puttane.
Di quella prima scena di sesso mi sono rimaste in mente due parole.
PELI UMIDICCI.
Si.
PELI UMIDICCI.
Perché Gianluca Morozzi scrive d'istinto, e l'istinto gli ha suggerito le parole PELI UMIDICCI.
E' una scena di sesso comica?
No.
E' una scena di sesso grottesca?
No.
Vorrebbe essere seria. Erotica.
PELI UMIDICCI.
Si scopre che la ragazza (PELI UMIDICCI) ha un ex che la perseguita, un tipo intelligentissimo e bellissimo che fa il dottore, un tipo orribilmente perverso che le faceva cose disgustose, tra cui il fisting.
IL FISTING, cazzo, orribile, IL FISTING, quale bestia depravata pratica IL FISTING con la sua ragazza?
Ehi, ehi, ma c'è dell'altro!
Le faceva i clisteri!
E la faceva toccare dai colleghi ginecologi!
E la costrngeva a praticare il sesso di gruppo!
Il SESSO DI GRUPPO!
Domanda. Perché lei si sottoponeva a tutto ciò? Non poteva, tipo, dire di no?
Risposta: è l'anima reincarnata di una tipa, e lui era l'anima reincarnata di un altro tipo, e Nemo, anche Nemo, il ciccione, è un'anima reincarnata, ma tutto questo me l'ha raccontato la mi' donna, perché io il libro non l'ho finito.
PELI UMIDICCI.
Ma muori.

Voto: 1,5 / 5

giovedì 25 novembre 2010

Una puntata di Matrix vista da strafatto

Il conduttore di Matrix ha un sorriso beffardo scavato in faccia, e la prima metà della trasmissione se ne va cos=, con te che pensi: "Come faccio a lévarglielo?" E non senti altro che dong dong dong che è il rumore che fa lo scalpello sul suo faccione di marmo.
Poi arriva Maroni.
Maroni, sotto il gessato, indossa: pantaloni militari da deserto, anfibi corazzati, cintura con cartuccera e portaborraccia, giubbotto antproiettile in kevlar. Lo vedi che pensa in inglese; pensa, tipo: We must destroy the enemy, oppure Defcon 5, Defcon 5, we don't have any time left.
Lift off!
E vola nello spazio come Mazinga.
Ma con più armi.
La dialettica di Maroni è agghiacciante, perché è un po' come sentire una motofalciatrice corazzata che discute di politica. Una motofalciatrice corazzata tracagnotta, vabè.
Quando finisce la trasmissione sei leghista. Maroni, dolce Maroni, ma la mattina dopo sei di nuovo lucido e la magia finisce.

Voto: 5 / 5

La finale di X Factor vista da strafatto

La prima cosa che pensi è: "Dio, in quest studio le luci sono fortissime."
Poi arriva Nevruz.
Non so se si scrive cos=. Nevruz.
Per giorni hai sentito parlare di Nevruz.
Dicono tutti che è bravissimo. Bravissimo.
"Com'è Nevruz?"
"Bravissimo."
Duetta con quello dei Tiromancino, quello che ha fatto quel film che non l'ha cagato nessuno, ma non perché era brutto, perché il mondo è ingiusto. E' un tizio con la testa incassata nelle spalle, assomiglia al fratello maggiore del Pinguino di Batman.
Come canta Nevruz?
Benissimo.
Immaginatevi un cowboy, un cowboy nel west, un fuorilegge, no? Uno che cavalca la notte e ha una taglia sulla testa, tipo Bon Jovi. Quest cowboy incontra un barbone ubriaco con le adenoidi e per diletto gli spara ai piedi, bam bam bam!, e gli fa: "Canta, cazzo, canta!"
Ecco, Nevruz canta come quel barbone l=.
Poi c'è una tizia che in sostanza è una ragazza a modo, che si chiama Nathalie, che è vagamente a disagio, perché prima della trasmissione tra lei e il responsable delle rete si è svolt il seguente dalogo:
"Nathalie, devi tirare fuori la tua carica erotica."
"Non voglio."
"Troie. Ci piacciono le troie."
"No."
"Questo è dildo. Stioccatelo nel culo e tienilo l= per tutta la trasmissione, ti aiuterà."
Dopodiché c'è il terzo concorrente, che è Big Jim a undici anni, prima di perdere la mobilità di braccia e gambe, si chiama Davide.
Succedono varie cose. C'è DJ Francesco, i Take That, le luci, sempre più luci, tantissime luci.
Ti accorgi di essere commosso. Si. Quei ragazzi stanno dando tutto (a parte il barbone con le adenoidi, che ha altri problemi di cui occuparsi, tipo la mandibola incastrata nella cassa toracica).
Vince quella col dildo in culo.
Sei leggermente eccitato.
Dormi.

Voto: 5 / 5

mercoledì 24 novembre 2010

Chatham County Line, IV

Mi piace molto il bluegrass, primo perché è acustico, secondo per i cori. Non c'è mica più verso di sentire un coro decente, al giorno d'oggi. Il problema del bluegrass, però, è che è un genere molto chiuso, con regole ben definite, il che significa in altre parole che dopo tre o quattro dischi ti rompi i coglioni. Raramente qualcosa esce al di fuori dal genere: IV esce.
E come esce!
Porca puttana quant'è bello IV.
Non ti vengono in mente soltanto i cowboy, quando ascolti IV. Anche quelli, senza dubbio, ma non solo. E' un disco leggero, etereo, poetico, ci sono le stelle, la luna, i prigionieri ai lavori forzati che cantano il blues, il ragazzo di campagna, il ragazzo di città, le ragazze per bene, le troie, i cavalli, l'erba!
Era tanto, davvero tanto che non ascoltavo e riascoltavo un disco con questa frequenza.
Vi ho già detto di quant'è bella la voce del cantante? No? E' bellissima.
Laggiù, nel sud degli Stati Uniti, hanno tutti queste vocine nasali del cazzo ("Ti ricordi il vecchio Jooohn?"), lui no, o almeno non in questo disco, è preciso, gradevole, ispirato, bravo.
Cinque palle per i Chatham County Line. Trà.

Voto: 5 / 5

La carta e il territorio, Michel Houellebecq

A Houellebecq è venuto voglia di scrivere un giallo. Più precisamente gli è venuto voglia a pagina 250 di un romanzo che col giallo non c'entrava niente, ma vabè. 
La prima cosa a cui ho pensato, leggendolo, è: vuole smettere di scrivere, Houellebecq? Il protagonista, un pittore, non fa che smettere. Il romanzo si apre con lui che distrugge una tela, dopo aver interrotto una serie molto cool di foto alle carte geografiche. Più avanti decide di non riprendere in mano il pennello, mai più. Nel frattempo diventa ricco, non felice, ma, bada bene, nemmeno infelice. 
Questo Houellebecq, molto diverso dai precedenti, non è più disperato: è annoiato, smaliziato, pessimista, clueless, come dicono gli inglesi - ma in sostanza sereno. A un certo punto Jed, il pittore, va a letto "con la mente completamente vuota"; m'immagino che Houellebecq lo faccia spesso, da qualche anno a questa parte.
Lo stesso Houellebecq, tra parentesi, è tra i personaggi del romanzo. Che è sbilanciato: parliamoci chiaro. E' sbilanciato, all'inizio scivola, verso la fine prende una strada un po' sassosa, poi scivola un'altra volta, ma è bello. Houellebecq è uno dei pochi, forse l'unico scrittore contemporaneo che valga la pena di leggere anche soltanto per la gratificazione estetica. La sua scelta delle parole è cos= gustosa che a volte tra una pagina e l'altra mi viene fame. Una considerazione: credo che Houellebecq, alla fin fine, le conosca pochissimo, le donne. Non so. C'è qualcosa che proprio non mi convince. I suoi personaggi femminili a volte sembrano burattini; strafighe robotiche col cervello di Houellebecq. Probabilmente perché è questo il suo ideale di donna, sé stesso con la fica.
E con quest'immagine carinissima nella mente gli diamo quattro palle. Voto: 4 / 5

Accabadora, di Michela Murgia

La storia sarebbe bella, perfino edificante, e forse è per questo che la Murgia l'ha scritta con uno stile che quando va bene è irritante, quando va male è brutto proprio: perché nessuno si goda il cazzo di libro, nessuno, NESSUNO. NO. Facciamo un esempio: la merda puzza. La Murgia scriverebbe: il prodotto finale del processo di digestione, la materia fecale, trasmette nell'uomo quel senso di nausea e disagio che gli ricorda che tutto, un giorno, avrà termine. Però peggio. Abbandonarsi alla lettura è praticamente impossbile, il disagio è costante, è come guardare un bel film con la pellicola rovinata e due stronzi dietro che parlano ad alta voce di X Factor. Verso la fine spunta un pedofilo, così, dal nulla. Perché il pedofilo, si sa, piace. Tre palle per la Murgia. Voto: 3 / 5

Ozric Tentacles, live al Viper, Firenze, 8-11-2010

Gli Ozric Tentacles sono a metà tra il prog, lo stoner, la fusion e il fruscio della radio quando entri in galleria. Se non avete sotto mano un CD degli Ozric Tentacles mettete gli Weather Report e gli Hawkwind insieme, calatevi un acido e sbattete forte la testa contro il muro, bam, bam, bam: uguale.
Il concerto.
Il pavimento del Viper è in discesa, gli Ozric Tentacles ovviamente in salita, e questo era un problema. Poi: un gruppetto di fattoni si era innamorato della moglie di Ed Wynne, la bassista, che era una specie di loop umano (immaginatevi il marito che la programma come se fosse sposato con GarageBand), e questo era un altro problema, perché la tizia era cos= lusingata che non la smetteva di ridere e dire cazzate al microfono, mentre il marito, che aveva lo sguardo perplesso tipico dell'hippy che ha smesso di drogarsi, cercava di fare i suoi assoli. Secondo me poi la sera a letto hanno litigato.
Gli Ozric Tentacles suonano più o meno lo stesso pezzo dagli anni ottanta, quindi niente novità, due ore e mezzo di quel pezzo l=. L'ultima ora l'ho passata in uno stato di catatonia pesante, appoggiato a una ringhiera, dopo aver perso l'uso delle ginocchia a causa del pavimento inclinato, affascinato da un roadie obeso, nascosto dietro un amplificatore, che dondolava la testa incapace di accettare il fatto che tutte le sue bottiglie di birra erano vuote.
A un certo punto un tipo è salito sul palco e ha dato un bacino alla bassista.
E' stato, credo, il momento più bello della vita di entrambi.
Ottima l'acustica del Viper, ma si sentiva con prepotenza la mancanza di un rave. Gli Ozric Tentacles senza un rave sono come una tavola da surf senza l'oceano; per galleggare galleggia, ma dopo un po' cominci a chiederti cosa cazzo ci fai con una tavola da surf in mezzo al lago di Bilancino. E Stonehenge: mancava anche Stonehenge.
Concerto interessante. Ma lungo. E un po' fuori contesto.

Voto: 3,5 / 5